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    NeuroCovid: Effetti cognitivi ed emotivi dei ricoverati per Covid-19

    Il quadro clinico del Covid-19 si configura come una sindrome respiratoria acuta (SARS-CoV-2) che può associarsi ad altri disturbi somatici, comprese le manifestazioni gastrointestinali e cardiache. Recenti studi mettono in luce il coinvolgimento del sistema nervoso centrale (SNC) e si sono concentrati sui sintomi neurologici, sensoriali e sui conseguenti sintomi cognitivi, ipotizzando un quadro clinico detto “NeuroCoViD-19” (NC19).
    I sintomi neurologici più comuni includono mal di testa, vertigini, disturbi della coscienza (delirium), parestesia e disfunzione olfattiva e gustativa (iposmia, anosmia ipogeusia o ageusia). In letteratura sono stati documentati anche casi di disturbi vascolari cerebrali acuti, la sindrome di Guillain-Barré, l’encefalopatia necrotizzante e anche un singolo caso di lesioni demielinizzanti nel midollo spinale e nel cervello (Lléo, Alcolea, 2020; Zanin et al., 2020).
    È interessante notare che un crescente numero di evidenze ha suggerito che NC19 è altamente associato al successivo declino cognitivo, che riguarda in particolare i domini esecutivo e mnesico. In quest’ottica, studi preliminari hanno indicato che l’effetto neurotrofico del Covid-19 nelle aree entorinali può causare deficit di memoria e, soprattutto, una precoce insorgenza di malattie neurodegenerative o un declino cognitivo più rapido rispetto alla popolazione normale (Ritchie et al., 2020). Inoltre, la disfunzione cognitiva sembra persistere per mesi, e forse per anni, dopo la dimissione dall’ospedale; perciò, può influire significativamente sulla qualità della vita dei pazienti.

    Ci descrive lo studio condotto sul NeuroCovid, sugli effetti cognitivi ed emotivi successivi all’infezione?

    Questo studio trae origine dall’esperienza all’interno dei reparti Covid, quindi inizia nel marzo 2020, quando ci siamo confrontati con i medici della rianimazione. Ci siamo chiesti: quale sfida il Covid ha posto ai pazienti e agli operatori della terapia intensiva? In passato, l’obiettivo della terapia intensiva era la sopravvivenza del paziente. Oggi l’outcome è più a lungo termine e questo ha un grande impatto anche su tutte le scelte che vengono fatte all’interno del reparto di terapia intensiva.

    Abbiamo cercato di guardare con lungimiranza, ovvero a quello che è effettivamente il decorso post terapia intensiva. Dal chiederci: “Che cosa è clinicamente rilevante?” siamo passati a chiederci: “Che cosa è rilevante e importante per il paziente dopo la dimissione dal reparto di terapia intensiva?”.

    Gli addetti ai lavori hanno, infatti, definito una sindrome, indicata con l’acronimo PICS (Post Intensive Care Syndrome), che comporta una serie di deficit relazionali, psicologici, cognitivi e somatici. Durante la cosiddetta “prima ondata” era importante cercare di capire se il Covid determinasse una sindrome da post terapia intensiva oppure un quadro psicologico, neurocognitivo e neurofisico differente con caratteristiche specifiche legate all’insulto del virus sul SNC.

    Con queste premesse abbiamo condotto uno studio per monitorare i pazienti a distanza di 6 mesi dal ricovero in terapia intensiva. Lo studio pilota è stato condotto presso l’ospedale San Luca di Lucca (uno degli ospedali di riferimento Covid dell’ASL Nordovest della Toscana); nei suoi reparti di terapia intensiva sono stati ricoverati circa 80 pazienti (di cui il 25% sono poi deceduti), per la maggior parte sottoposti a intubazione.

    L’obiettivo era valutare in maniera “globale” il paziente e focalizzarsi sia sugli aspetti neurocognitivi sia su quelli psicologici o motori, senza tralasciare l’impatto che la malattia aveva avuto sulla vita sociale e lavorativa dei pazienti. Sono stati reclutati 30 pazienti e 27 sono stati poi effettivamente valutati.

    Il 69% dei pazienti con NeuroCovid risulta positivo per ansia e depressione, il 76,7% per disturbo da stress post-traumatico.

    Criteri di inclusione:

    • ricovero in terapia intensiva per un periodo maggiore di 7 giorni;
    • presenza di deficit multipli individuabili già alla dimissione o di disfunzioni d’organo di nuova insorgenza;
    • presenza di delirium per più di 48 ore durante il ricovero;
    • somministrazione di alte dosi di curaro, oppure steroidi e/o immobilizzazione per un periodo di 3 giorni;
    • shock (durata > 6 ore).

    Procedura:

    A tre mesi dalla dimissione è avvenuto il primo contatto telefonico da parte di uno dei medici della rianimazione: è stato illustrato l’intero percorso di follow-up e indicato il fatto che sarebbero stati contattati da un neuropsicologo per una valutazione ambulatoriale.

    Tutti i pazienti hanno effettuato le seguenti valutazioni:

    A 3 mesi:

    • GOSe per la valutazione del livello di disabilità percepito (area fisica, mentale, funzionale);
    • HADS per la valutazione dello stato ansioso-depressivo;
    • IES-R per il PTSD (dominio mentale);
    • Barthel Index per la valutazione dell’autonomia;
    • SF-36 per lo stato di salute globale (dominio funzionale);
    • GCPS per la valutazione del dolore cronico residuo (dominio fisico).

    A 6 mesi:

    • Visita ambulatoriale di circa 2 ore:
      • 1.30 h: valutazione neuropsicologica, composta da un colloquio anamnestico esplorativo e successiva batteria di test neuro-cognitivi per la valutazione di eventuali deficit;
      • 30 min per lo screening motorio, respiratorio e nutrizionale attraverso test mirati.

    Il NeuroCovid potrebbe rivelarsi un fattore scatenante per l’esordio della demenza.

    Come si è svolta nel dettaglio la valutazione cognitiva nei pazienti con NeuroCovid?

    Quali sono stati i risultati dello studio?

    Il 69% dei pazienti risulta positivo per ansia e depressione, il 76,7% per disturbo da stress post-traumatico (PTSD) misurato attraverso la IES-R. Molti soddisfano i classici criteri per la diagnosi: pensieri interferenti, rimuginio, flashback di tipo uditivo o visivo (associati al ricovero in Terapia Intensiva, alla percezione di non respirare in maniera autonoma o, ancora, immagini intrusive relative alle luci e ai suoni percepiti nel reparto).

    Per quanto riguarda il deficit neurocognitivo i risultati mettono prevalentemente in luce deficit che riguardano il sistema esecutivo e il sistema di memoria nella componente di richiamo, sia verbale che visivo. In particolare risulta deficitaria la memoria a LT nella componente episodica, nel processo di richiamo e di riconoscimento.

    Nel nostro campione di pazienti NeuroCovid due sono stati i soggetti diagnosticati con deterioramento cognitivo plurisettoriale. Da stabilire con la visita di follow-up il carattere ingravescente e cronico del quadro. È stata rilevata inoltre una correlazione negativa tra i risultati alla Torre di Londra (un test esecutivo per il planning e per il problem solving) e l’esito per il PTSD: in altri termini, le persone che hanno un grave disturbo da stress post-traumatico e lo dichiarano ottengono un punteggio basso alla Torre di Londra. La domanda è: il PTSD ha un impatto sul sistema cognitivo oppure accade il contrario?

    Sarà interessante rivalutare gli stessi pazienti a distanza di un anno, per capire se i sintomi del NeuroCovid permangono (instaurando una cronicità) o se sono transitori.

    L’Esame breve dello stato cognitivo permette in poco tempo e in modo standardizzato di ottenere una stima globale dello stato cognitivo di una persona.

    Quali gli sviluppi futuri?

    Sicuramente sarà importante affiancare alla valutazione neuropsicologica l’esecuzione di esami strumentali come RM o PET. Inoltre, sarà opportuno approfondire la natura del delirium (una sindrome che si osserva frequentemente nelle ICU), che probabilmente può rappresentare, in particolari popolazioni con fragilità, un segno precoce di infezione da SARS-CoV-2.

    Quindi, la valutazione clinica potrebbe trarre vantaggio dalla somministrazione di uno strumento dedicato alla diagnosi del delirium e alle sue caratteristiche specifiche e differenti rispetto al delirium che frequentemente si verifica in fase di ricovero in terapia intensiva e in rianimazione per la somministrazione di farmaci sedativi.

    Qual è stato il valore aggiunto dell’EBSC e della Wechsler Memory IV nella valutazione di questi pazienti?

    L’Esame Breve dello Stato Cognitivo (EBSC; Wechsler, 2009a) si è rivelato uno strumento adeguato, pratico e veloce anche per la valutazione a seguito del NeuroCovid. Ci ha permesso di valutare in modo agile la deviazione dalla normalità dei quadri clinici, nonostante sappiamo che esso non rappresenta uno strumento specifico per la rilevazione di quadri di demenza. È importante, infatti, che a esso segua una valutazione approfondita di tutti i domini cognitivi.

    Come abbiamo detto, il NeuroCovid potrebbe rivelarsi un fattore scatenante per l’esordio della demenza. In generale, gli studi mostrano che il Covid è una sorta di “fattore accelerante” per quanto riguarda la progressione dei quadri neurodegenerativi: a livello circolatorio può comportare emorragie intracraniche oppure eventi ischemici importanti, tali da provocare encefalopatie.

    Nel nostro campione due sono stati i casi che hanno esitato in demenza. Per queste valutazioni l’EBSC offre un valore aggiunto: in poco tempo e in modo standardizzato, è possibile ottenere una stima globale dello stato cognitivo di una persona, con particolare attenzione per quel che riguarda le funzioni esecutive.

    La scala Wechsler di memoria (WMS-IV; Wechsler, 2009b) poi è lo strumento più aggiornato per la valutazione di questo costrutto e la sua modularità, nonché la ricchezza delle informazioni che offre (anche in termini di analisi dei processi), ha permesso la costruzione di una batteria testistica molto efficace e approfondita per la rilevazione dei disturbi cognitivi.


    Bibliografia:

    • Lleó A., Alcolea D. (2020), «The cognitive aftermath of COVID- 19», Brain Commun, May 27.
    • Ritchie K., Chan D., Watermeyer T. J. (2020), «The cognitive consequences of the COVID-19 epidemic: collateral damage?», Brain Commun, 2.
    • Wechsler D. (2009a), Brief Cognitive Status Exam, Pearson, San Antonio (adattamento italiano di M. Timpano Sportiello e S. Tocchini, Giunti Psychometrics, Firenze, in preparazione).
    • Wechsler D. (2009b), WMS-IV – Wechsler Memory Scale – Fourth Edition, Pearson, San Antonio (adattamento italiano di M. Timpano Sportiello, S. Tocchini e S. Danti, Giunti Psychometrics, Firenze 2020).
    • Zanin L., Saraceno G., Panciani P.P. et al. (2020), «SARS-CoV-2 can induce brain and spine demyelinating lesions», Acta Neurochir, 162, 1491-1494.